Finalmente i mesi che ,per me, sono i più terribili di tutto l'anno (gennaio e febbraio) sono alle spalle.. e per davvero la primavera sembra vicina.. visto che oggi a Milano ci sono ben 15 gradi. Quasi mi viene voglia di tirare fuori i miei calzoncini da surfista.
Mamma che voglia di andare al mare!
Va bene, niente mare, ma almeno è venerdì per cui gioia e giubilo
A proposito di gioia e giubilo, martedì sono andata a vedere lillo & greg, due comici che io adoro, e anche se lo spettacolo l'avevo parzialmente visto sono morta dalle risate e due ore sono volate come niente! Teneri loro!!
Spero che a leggere queste mie scemate anche il vostro tempo scorra in allegria per cui vi lascio con il decimo capitolo delle mie fatiche... Buona lettura e buon week end!!!
CAPITOLO 10
Si svegliò carica di energia. Non vedeva l’ora di arrivare in ufficio
quella mattina, essendo oramai convinta che qualsiasi cosa accadesse, accadesse
al mattino presto e durante la pausa pranzo.
Si avviò all’auto con un mucchio di pensieri che le svolazzavano per la
testa.
L’ufficio era deserto. Nessuno all’orizzonte. Era un buon momento per
passare davanti all’ufficio del capo e sbirciare un po’ più a lungo.
Si diresse verso la macchinetta del caffè. Non c’era nessuno per cui
fingere, però se fosse arrivato avrebbe potuto semplicemente dire : “Vuoi un
caffè? Stavo giusto andando a prenderne uno!”
Sembrava semplice ma aveva ugualmente lo stomaco in bocca come chi sa di
fare una cosa sbagliata, nonostante la sua testa l’avesse convinta del
contrario.
Si avvicinò il più possibile alla stanza della Scoglia chinandosi come
per allacciare le scarpe.
All’interno della stanza non c’era nessuno. Nessuna luce accesa. Niente
di niente. In quei momenti credeva d’aver montato tutto con l’aiuto della sua
fervida fantasia.
Si sentiva impotente ed anche un po’ stupida.
“Anche se avessi scoperto davvero che c’era qualcosa sotto, che cosa
avrei potuto fare?”.
Mentre si arrovellava con queste “questioni filosofiche” vide sbucare
nel corridoio una criniera rossiccia.
«Vuoi un caffè? Stavo giusto andando a prenderne uno!» riciclò la
battuta che aveva preparato.
« Si, volentieri! Poso la borsa
e arrivo! »
« Che numero? »
« Non ti preoccupare faccio io! »
« No, voglio offrirti un caffè! »
«12. grazie! »
«Ti aspetto! »
Era impaziente. Aveva posato il bicchiere di Rosalba sulla balaustra.
Se per caso fosse scivolato avrebbe fatto una doccia bollente a qualche
malcapitato.
« Eccomi! »
Prese il bicchiere e la ringraziò nuovamente.
Scambiarono qualche convenevole sul tempo, sulla nottata trascorsa e
sulla noia di essere lì a lavoro anziché
a casa sotto le coperte.
Alla fine arrivarono al dunque.
«Ci ho pensato!» esordì.
Non disse nulla limitandosi ad annuire, guardandola con gli occhi
sbarrati ed attenti.
Mentre si preparava ad aprire la bocca per terminare il discorso che
evidentemente si era preparata, fummo interrotte.
«Buongiorno! »
Era la Scoglia, seguita da Donatella.
Salutammo. Un sorriso enorme ed insincero si stampò sulle loro facce
come il bambino colto con le mani nel vasetto della cioccolata.
Donatella si fermò, mentre la donna proseguì per la sua strada.
«Ciao! » si creò un insolito coro.
Incitò Rosalba con uno sguardo. I suoi occhi dicevano “Hai tutta la mia
attenzione!”
«Aspetta un attimo, vado a prendere un caffè altrimenti la mia
posizione qui stonerebbe, vi pare?» intervenne Donatella.
In realtà credeva che non volesse perdersi neanche una parola. Come
darle torto.
Arrivò dopo un secondo. Forse aveva preso a calci la macchinetta per
farla andare più veloce. Ogni tanto lo faceva.
Ogni volta che le rimaneva incastrata una merendina nella macchinetta,
lei si appoggiava con tutto il suo peso e la sua forza facendola rumorosamente
dondolare. La “mangiaspiccioli” da brava bambina ubbidiente, le restituiva il
maltolto. Aveva approfittato anche lei dei suoi servigi, qualche volta.
Ora erano lì, in tre, in piedi.
«La settimana prima dell’arrivo della Scoglia» iniziò come un ragazzo
interrogato davanti alla cattedra «la Pittima e la Spugna avevano avuto tra
loro delle riunioni segretissime. Si rinchiudevano nello studio della Spugna e
vi rimanevano rintanate per la maggior parte della mattina. Al pomeriggio, dopo
pranzo avevano delle facce tirate, come chi sa che la pacchia sta per finire.
All’inizio credevo che avessero paura che l’arrivo del nuovo capo avrebbe
limitato di molto il loro potere decisionale. Comunque rimanevano sempre più
tempo in quell’ufficio e si trattenevano anche dopo che tutte erano oramai
andate a casa.
Non facevano entrare nessuno. Una mattina mi chiesero di portar loro
alcune fatture dell’anno passato. Non lo trovai particolarmente strano. Almeno
fino a quando non mi hai detto quello
che avevi notato l’altro giorno. Loro non hanno alcun motivo di stare
nell’ufficio della Scoglia quando lei non c’è!».
Giulia e Donatella si guardarono con facce serie senza dire una parola.
Proprio in quell’istante entrò la Pittima. Le oltrepassò senza dire una
parola.
Aveva la faccia nera.
Erano solo le 8.00 del mattino come rammentava l’orologio nel
corridoio.
Tornarono a lavoro. Giulia si fermò in bagno dove trovò la Scoglia che
lavava le mani.
La guardò sorpresa.
«Buongiorno! »
«Buongiorno, come sta? Passata la febbre? » si trattenne per non dire
che stavano appunto parlando di lei.
«Si, grazie sto molto meglio!»
«Bene!» “giusto in tempo” pensò e sorridendo si lavò le mani ed uscì.
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