lunedì 25 febbraio 2013

CAPITOLO 9

Dopo alcuni giorni avvolta nelle coperte, niente di grave malanni di stagione, mi sento un pò strana a stare in piedi vestita e non con il mio bel pigiamino accanto al mio gattino.
Ma fortunatamente sono tornata in piedi, più o meno, e non avendo di certo perso l'opportunità di andare a votare ieri pomeriggio sono uscita in una Milano colpita da una specie di bufera di neve.. ma solo in alcune zone.. a quanto pare..
In ogni caso oggi non nevica più ma in compenso fa un bel freddino mentre io conto impaziente i giorni che ci separano dalla primavera.. vi lascio il IX capitolo...
Buona lettura e buona giornata!!






CAPITOLO 9

Nei giorni successivi passò spesso dall’ufficio della Scoglia ma non vide nulla di sospetto.
Almeno fino a che un giorno rientrando dalla pausa pranzo un quarto d’ora prima del previsto passò dal solito ufficio e notò  che la luce rossa del monitor era accesa. Qualcuno era entrato in quell’ufficio aveva utilizzato il computer e nello spegnere la macchina aveva dimenticato di spegnere il monitor.
Si diresse alla scrivania. Nella stanza non c’erano né Pittima né Spugna.
Passando davanti alla stanza della Spugna, aveva notato che la porta era chiusa.
« Sono là dentro! »
«Chi è là dentro, tesoro! » Era Donatella.
L’aveva spaventata a morte.
«Ti senti bene? Non volevo spaventarti! »
«Si, sto bene… ero sovrappensiero!»
«Piccola, non è un bel segno parlare da soli!»
Colse l’occasione per confidare i suoi sospetti.
Le raccontò dell’incontro del venerdì e della lucetta del computer.
«Sei sicura che non ci fosse quando sei uscita?»
«Te lo giuro!»
«Non hai bisogno di giurare, da quelle due befane mi aspetto di tutto!»
Parlava come un ispettore dei film in bianco e nero.
«Perché dici così, tu hai mai sospettato di qualcosa? »
«No, ma ciò che è sotto gli occhi di tutti è che non scorre buon sangue tra la Pittima e la Scoglia. Inoltre la Spugna è arrabbiata con la Scoglia perché sa che prima o dopo dovrà lasciare l’azienda»
Donatella le disse che di Rosalba ci si poteva fidare ad occhi chiusi
Era deciso. Ne avrebbero parlato a Rosalba durante la pausa caffè.
Nel mentre, la porta dell’ufficio della Spugna si aprì.
Sentirono un vocio ma non riuscirono a distinguere le parole. Parlavano troppo piano.

Attese la pausa caffè con impazienza che riversò sul lavoro ma senza riuscire a concentrarsi troppo.
Passò accanto alla scrivania di Rosalba con la scusa di prendere delle carte.
A voce bassissima le chiese di prendere un caffè.
“Un invito che non poteva rifiutare” pensò e sorrise.
L’aveva detto così piano che si sorprese che l’avesse sentita.
Più che sentito forse l’aveva intuito vista la chiavetta della macchinetta del caffè che avevo sventolato sotto il naso.

Davanti alla macchinetta del caffè selezionammo 12, 26, 32: caffè, thè, cappuccino
«Cos’ è questo fare da spie? » chiese togliendosi dal viso una ciocca di capelli rossi.
Donatella spiegò la situazione come poco prima era capitato a lei.
Doveva averla ascoltata con grande attenzione perché aveva utilizzato pressoché  le stesse parole.
Quand’ebbe finito, si accese una sigaretta, portando una mano all’altezza dell’accendino come se avesse timore che un fiato di vento (inesistente) potesse spegnere la fiammella. Rosalba la imitò. Intanto gli occhi scuri di Donatella erano puntati nei suoi come se così potesse leggere i pensieri della collega senza dover attendere una risposta. 
Se avesse avuto il vizio di fumare, probabilmente anche lei avrebbe fatto la stessa cosa. Non le erano mai piaciute le sigarette eppure aveva avuto l’istinto di accenderne una.
Con diffidenza indagò nello sguardo della ragioniera, cercando di capire dalla sua espressione se credeva che fossero due matte.
Il suo volto era serio. Si passò la mano tra i capelli, aveva lo sguardo fisso per terra, infine alzò la testa e le rivolse la parola:
«Ne sei sicura? »
« Si! » non aggiunse altro.
« Lasciatemi pensare » ed andò via con la sigaretta accesa, incurante del cartello
“VIETATO FUMARE”.
La notizia doveva averla sbalordita più di quanto non fosse stato per Donatella.
Restammo in piedi a fissarci.
«Siamo sicure? » chiese ancora una volta. Non voleva essere petulante però…
«Non ti preoccupare!»
Tornarono a lavoro e per quel giorno l’attività di investigazione si concluse lì.
L’orologio nell’ingresso segnava le 17.00 perciò si sentì autorizzata ad alzare i tacchi.

Il sole ancora abbastanza caldo la fece tornare alla realtà come se nell’ufficio stesse vivendo in un libro.
Sentiva la trasformazione come Clark Kent nella cabina del telefono.
Si diresse all’auto. La fiat di Rosalba le tagliò la strada. Poco più in là si fermò
« Tutto bene? Devi stare attenta. A domani! »
Le strizzò l’occhio.

Doveva uscire altrimenti a casa, da sola, non avrebbe fatto altro che porsi un mucchio di domande alle quali non avrebbe comunque saputo dare risposta, con il risultato di passare una nottata infernale.
Stef  le risolse il problema organizzando una serata a quattro.
Non fu di molta compagnia, si limitò ad ascoltare e di quando in quando a tirar fuori qualche frase di circostanza.
Si scusò e li invitò tutti e tre a casa sua un giorno in cui avesse avuto uno stato d’animo migliore.

martedì 19 febbraio 2013

CAPITOLO 8


Buongiorno a tutti,
in attesa della bufera che ci ricoprirà, così dicono, nei prossimi giorni, ci godiamo questo poco sole che fa tanto piacere vedere.
Qualcuno mi dice che finito SanRemo è praticamente primavera, ma io non ci casco.
Intanto per tenere la mente occupata e più lontana possibile dall'idea di freddo sto pensando a dove mi piacerebbe trascorrere qualche giorno magari a metà aprile per fare un regalo a mio marito per il suo compleanno. L'anno scorso siamo andati ad Edimburgo che è semplicemente meravigliosa, ve la consiglio assolutamente e gli scozzesi sono carinissimi.
Quest'anno c'è qualche ipotesi ma un pò più spartana vedremo come andrà a finire.
Intanto vi lascio con l'8 capitolo.
Buona lettura.

http://www.flickr.com/photos/corbyflo/sets/72157630837168518/


CAPITOLO 8


Anni di studi della maggiori università del mondo e nessuno ha mai scoperto perché il week end passa così in fretta mentre le giornate lavorative si trascinano con una lentezza esasperante come trainati da buoi stanchi.
Deve essere qualcosa legata alla relatività del tempo. Sarebbe meglio fare una seduta spiritica e chiederlo ad Einstein.
Il solo risultato era che due giorni erano volati e si ritrovava nuovamente ad imprecare contro la sveglia.
Il lunedì mattina era più duro di tutti gli altri giorni della settimana messi insieme.
Non era un luogo comune.
Arrivò  in ufficio, passò davanti all’ufficio della Scoglia, dove l’adesivo “sala riunioni” era stato eliminato ma non rimpiazzato.
Ricordò quanto accaduto venerdì mattina come se il week end fosse servito a riporlo in un angolo come la scatola degli addobbi natalizi.
La Pittima e la Spugna sedute alla scrivania che mettevano mani nel computer della Scoglia che era partita per Londra e sarebbe rimasta lì fino a martedì.
Sbirciò nell’ufficio come se si aspettassi di vedere dentro qualcuno.
Invece no. Le luci erano ancora spente.
Non fece neanche in tempo a togliere la giacca che il telefonò squillò.
« Buongiorno! Potrei parlare con la signora Pittima. Sono la dottoressa Spugna »
« Buongiorno! Sono Giulia »
« Oh, buongiorno Giulia! »
Era sempre stata gentile.
«Se attende vado a vedere se è arrivata! »
Solitamente arrivava molto presto ma sapeva che quella mattina non c’era perché non aveva ancora visto la sua testa fare capolino dallo schermo del computer.
Verificò per sicurezza.
Si diresse verso la scrivania e non la sorprese non vedere la sua faccia saccente china sulle carte.
Riprese la cornetta e comunicò all’interlocutrice che non era ancora arrivata.
«Mi fa richiamare?! Sono a casa, con la febbre il numero è 02.755582994 »
Le assicuro che avrebbe riferito il messaggio.
Era tornata prima da Londra. Se fosse rientrata venerdì avrebbe scoperto un simpatico quadretto nel suo studio.
Poco dopo la Pittima arrivò e le comunicò quanto appreso. Sembrava seccata.
Pensò per tutto il giorno a quanto accaduto venerdì.
“Quale motivazione potevano avere quelle due befane per stare in un ufficio che non era il loro e trafficare con un computer che non era il loro? Che volessero sabotarla?”
Aveva avuto da subito l’impressione che tra le due signore non corresse buon sangue. A dirla tutta non si dovevano proprio sopportare. Inoltre la Scoglia era lì da poco.
Magari era intervenuta in abitudini consolidate interrompendole.
Del resto la Pittima e la Spugna dovevano essere le padrone indiscusse prima dell’arrivo della Scoglia.
Non riusciva a togliersi dalla testa quella faccenda e non poteva parlarne con nessuno. Non si possono fare accuse senza prove.
“Prove?! Accuse?!” stava parlando come in un film poliziesco. E neanche di buona qualità.
Pensavo di essere in un libro di Grisham?
Si guardò intorno in cerca di ispirazione.



Francesca era troppo stupida ed odiava la Spugna con tutte le sue forze per dare un parere oggettivo. Inoltre era completamente pazza. Aveva, secondo quanto poteva capire lei non essendo un’esperta, una sindrome persecutoria.
Ogni tanto (almeno due volte al giorno) le si avvicinava di soppiatto chiedendo se avesse, per caso,  sentito qualcuno fare il suo nome. Immancabilmente le rispondeva di no . Non perché volesse proteggerla chissà da quale terribile verità, semplicemente nessuno si interessava a lei.
C’era la ragioniera. Era una persona in gamba (forse l’unica in quel pazzo circo).
Ma non sapeva nulla di lei.
Forse avrebbe potuto parlare con Donatella ed insieme sarebbero andate da Rosalba alla quale con non-chalance avrebbero fatto qualche domanda.
Come Dana e Fox di X-files. Chi era Dana e chi Fox?
Doveva pensarci su.

Appena uscita da lavoro chiamò Stef e si accordarono per vedersi.
Non attese molto nel pub che dalla porta vide entrare la sua amica, le fece cenno con la mano.
«Ciao! Ma cos’era quella voce da complotto con la quale mi hai chiamato?»
«Ciao! Siediti che ti spiego tutto! Ma  prima ordiniamo»
Raccontò tutto quello che avevo visto in ufficio venerdì (cioè poco!) ed in seguito tutte le sue supposizioni (tante!).
Stef la guardò seria e poi scoppiò a ridere.
« Mi stai prendendo in giro, vero? »
« No! »
Il tono dovette risuonare credibile perché smise subito di ridere e ritornò seria.
«Non stai scherzando? »
«No» ribadì seccata.
«Accidenti le tue accuse sono davvero…»
«Folli?! »
«No, stavo per dire forti! »
«Ti puoi fidare di … come si chiama la tipa che lavora accanto a te, quella mi sembra l’unica persona ragionevole lì dentro! »
«Donatella» aggiungendo il nome che le mancava «ci avevo pensato anch’io mi sembra in gamba anche se non la conosco ancora benissimo! »
Le espose l’idea di andare con lei da Rosalba e cercare di capire qualcosa.
Le sembrò una buona idea. Sempre ammesso che ci avesse visto bene.
Se Rosalba o Donatella non fossero state le persone che credeva, poteva fare la figura della pazza.
Rimase a pensare sopra l’insalata, come a cercare una risposta.
Decise di aspettare un po’ ed intanto si sarei guardata intorno.